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Quando un Museo diventa una fucina: le Fonderie Culturali di Salerno

Salerno è una città molto vivace e vitale. Con una lunga e gloriosa storia e uno straordinario patrimonio culturale e paesaggistico. Una città che vive da anni una stagione molto favorevole anche sotto il profilo turistico. Tra le realtà culturali di rilievo c’è il Museo Archeologico Provinciale.

Tutte le istituzioni ex provinciali, particolarmente diffuse al Sud, vivono una difficile fase di incertezza, dopo che la legge di riforma Delrio ha tolto alle Province le competenze in campo culturale, trasferendo antiche istituzioni (musei, biblioteche, orchestre, ecc.) alle Città metropolitane e alle Regioni. La mancata approvazione della riforma costituzionale, che prevedeva la definitiva scomparsa delle Province, ha reso la situazione ancor più confusa. Le Regioni hanno acquisito musei e biblioteche, ma hanno difficoltà a gestirli. Il personale andato via per i pensionamenti non viene rimpiazzato; molti dipendenti hanno preferito altre destinazioni; le risorse scarseggiano; le strutture vivacchiano.

Non è questo il caso in realtà del Museo di Salerno, che forse potrebbe fornire anche rappresentare un modello e offrire un’indicazione utile sulle possibili soluzioni da adottare per la gestione delle istituzioni culturali ex provinciali.

Su invito di Giuseppe Ariano si presenta il mio libro proprio al Museo e così ho modo di conoscere l’Associazione Fonderie Culturali, che lo ha preso da alcuni anni in gestione e ne garantisce la vitalità (www.fonderieculturali.org). L’Associazione è stata fondata da 7 giovani salernitani, con diverse competenze che, come precisano loro stessi «hanno deciso di mettere a disposizione della comunità le loro capacità e i contatti soprattutto per lo sviluppo socio economico e culturale del contesto dove operano». Il progetto di gestione è stato inizialmente avviato in via sperimentale per quattro mesi, ma poi, visti i risultati, è stato rinnovato tacitamente ormai dal 2013. Dopo ben quattro anni di chiusura per lavori e per un nuovo allestimento, realizzati grazie ad un finanziamento europeo, si è trovata una soluzione che fa vivere il Museo, offre occasioni di lavoro ad un gruppo di giovani e contribuisce allo sviluppo della città.

Le Fonderie Culturali sono andate via via crescendo, fino a contare ora ventuno soci, che si occupano della biglietteria, delle attività di promozione e comunicazione, della programmazione delle attività didattiche e della progettazione dei nuovi servizi per la fruizione del museo e di altri siti culturali affidati alla stessa Associazione. Non ci sono al momento veri e propri assunti: i soci operano, infatti, su base volontaria, ricevendo un compenso per alcune attività, come la didattica museale o i percorsi di visita teatralizzati o tematici. Ma l’obiettivo è creare occasioni di lavoro vero.

Le spese di manutenzione sono a carico della Provincia di Salerno, che impiega un solo dipendente con le funzioni di custode, per la guardiania, la chiusura e l’apertura del complesso. Per contro l’Associazione non riceve finanziamenti diretti dalla Provincia, alla quali anzi versa i proventi dei biglietti (costo 4 euro, ridotto 2 -18-25 anni - gratuito per gli under18 e gli over 65) e si autofinanzia grazie alle varie attività organizzate all’interno del Museo, come visite guidate, laboratori per bambini, attività per le scuole, eventi per diverse fasce di età, compleanni al Museo, presentazioni di libri, proiezioni, incontri di archeologia, musica, poesie, letture oltre a progetti con bandi pubblici.

L’Associazione, in mancanza di una vera azione di indirizzo e direzione da parte della Provincia, ha di fatto colmato un vuoto, curando la gestione e tutte le forme di fruizione del museo e creando un’offerta culturale e promuovendo il museo quale centro culturale e formativo per adulti e bambini. Il museo è diventato, così, un luogo di incontro e di cambio di esperienze: il pubblico incontra esperti del settore, storytellers, creativi e storici.

Come mi dice Ariano, «immaginiamo che ogni visitatore entri con uno zainetto vuoto al museo e poi ne esca alla fine con uno stracolmo di informazioni, spunti e stimoli che gli permetteranno di capire ancora meglio la realtà che lo circonda».

Sfruttando la crescita turistica della città, divenuta una meta nazionale ed internazionale, i ragazzi di Fonderie Culturali hanno predisposto una comunicazione di vario tipo (sito web, social media, brochure, mappe e audio guide) e hanno elaborato con altri giovani di alcune start up del territorio vari strumenti innovativi di fruizione: prossime tappe sono la presentazione di un percorso del museo con le tecnologie Beacon e la mappatura del museo su google art project. «Con il supporto di un archeologo specializzato e di una esperta di attività didattiche e accessibilità – è sempre Ariano a parlare – abbiamo ideato e dato vita anche a una piccola rete tra musei cittadini che permette oggi di visitare 3 musei con un costo unico di 5 euro. Ci sarebbe molto altro da fare ma la possibilità è solo demandata alla Direzione dei musei provinciali che versa però in una continua carenza di personale».

In ogni caso, nonostante le incertezze e le difficoltà, i risultati anche in termini di incremento dei visitatori sono stati significativi. Dal 2013 ad oggi gli accessi sono aumentati grazie ad un intenso lavoro di comunicazione: si tratta soprattutto di visitatori locali, famiglie con bambini Si è passati così dai 9.765 visitatori (4.600 paganti) del secondo semestre del 2013, il primo gestito dall’Associazione, ai 18.467 visitatori (8300 paganti) del 2014, ai 28.400 del 2015 (12.345 paganti) e infine ai 40.345 (21.000 paganti) del 2016. L’incremento è notevole ed è progressivo, se si considera che nel 2016 si è riscontrato un incremento del 23% rispetto al 2015 di turisti per lo più stranieri, concentrati nei mesi di luglio–settembre.

Ma non è solo un fatto di numeri e di quantità. «Il primo obiettivo che ci eravamo posti era soprattutto ridare alla comunità cittadina il museo, farlo conoscere e frequentare in primis agli abitanti del quartiere, alle scuole e all’intera città (all’inizio pochissimi erano a conoscenza del museo e addirittura tassisti e autisti dei bus ne ignoravano l’esistenza). La nostra principale difficoltà consiste nel non avere piena autonomia gestionale del museo. Abbiamo proposto varie soluzioni progettuali (dalla fondazione alla rete cittadina dei musei) ma sempre con scarsa attenzione da parte degli interlocutori locali». Le principali difficoltà indicate da Fonderie culturali nella loro azione sono legate appunto allo scarso interesse da parte degli enti locali, all’incertezza connessa alla precaria situazione della Provincia e alla mancanza di una decisione di affidamento del bene a lungo termine, all’impossibilità di stipulare pertanto contratti di lavoro stabili per i soci.

Ma i ‘fonditori culturali’ non demordono e progettano di partecipare sempre di più a bandi nazionali ed europei, si propongono di creare una rete museale nella città in modo da facilitare la gestione delle diverse istituzioni culturali e di dar vita ad un’offerta unitaria dei musei cittadini.

Insomma vorrebbero fare del ‘loro’ Museo un centro creativo, una fucina culturale e non un semplice spazio espositivo. «Un luogo da poter frequentare, da vivere e dove poter creare e fare cultura».

Per altre info: http://www.ilgiornaledellefondazioni.com/content/il-museo-del-futuro-%C3%A8-condiviso

 


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