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“Il futuro delle citta’ d’arte”: mozione del Consiglio Superiore BCP

MOZIONE DEL Consiglio Superiore ‘Beni culturali e paesaggistici’ del MiBACT

“Il futuro delle citta’ d’arte”

MANTOVA 12 NOVEMBRE 2016

Il Consiglio Superiore ‘Beni culturali e paesaggistici’ del MiBACT, riunito in seduta straordinaria e pubblica a Mantova il 12 novembre 2016, in occasione del convegno ‘Città d’Arte 3.0’, dopo la presentazione di vari contributi e ampia discussione, ha approvato la seguente mozione.

L’Italia è un Paese di Città d’arte. Il policentrismo, la pervasività, la diffusione del patrimonio culturale è una delle peculiarità italiane. Non c’è città, non c’è piccolo borgo, non c’è località che non conservi tracce storiche, monumenti, tradizioni, peculiarità paesaggistiche di grande pregio e interesse.

Il paesaggio urbano delle città d’arte è un palinsesto complesso di paesaggi stratificati in continua evoluzione. Serve pertanto una visione d’insieme, contestuale, olistica, sistemica, multidisciplinare, tanto a livello di conoscenza e tutela, quanto a quello di tutela, valorizzazione e pianificazione, superando la tendenza autoreferenziale alla frammentazione del sapere, oggi esasperata da un inevitabile e anche necessario iper-specialismo. Il paesaggio urbano rappresenta il luogo ideale di incontro e di intreccio di tutte le varie specializzazioni. È necessario pertanto sviluppare un approccio contestuale, su due piani: sia il contesto storico, monumentale, urbanistico, archeologico, architettonico, artistico, cioè le relazioni formali e funzionali che legano ciascun elemento agli altri; sia il contesto sociale, costituito degli abitanti di ogni città, in tutte le sue molteplici articolazioni culturali, sociali, economiche.

Anche i visitatori non sono un’entità indistinta, ma hanno provenienze, culture, sensibilità diverse dovrebbero trovare nelle nostre città la possibilità di conoscere quegli straordinari palinsesti archeologici, artistici, monumentali, paesistici e culturali, che sono la peculiarità del nostro Paese. Il rischio da evitare per le città d’arte è il loro snaturamento, la trasformazione in ‘non luoghi’: un paradosso per luoghi, unici al mondo, così ricchi di valori culturali e di identità. Particolare attenzione andrà posta quindi ai problemi connessi al cambio di destinazione di edifici storici, di esercizi commerciali e artigianali, allo svuotamento dei centri storici dei cittadini residenti, alla moltiplicazione dei B&B e di negozi blockbuster, ecc., cioè alla perdita di identità e di specificità, al turismo di consumo. Il turismo per le città d’arte italiane non può non essere sostenibile, colto, di qualità, il che non significa necessariamente turismo d’élite o ‘di nicchia’.

In sintonia con lo spirito della Convezione di Faro, bisognerebbe rafforzare il ruolo delle ‘comunità di patrimonio’, perché «chiunque da solo o collettivamente ha diritto di contribuire all'arricchimento del patrimonio culturale» (art. 5). Non esiste urbs senza civitas. Si ribadisce, cioè, la necessità della partecipazione democratica dei cittadini «al processo di identificazione, studio, interpretazione, protezione, conservazione e presentazione del patrimonio culturale» nonché «alla riflessione e al dibattito pubblico sulle opportunità e sulle sfide che il patrimonio culturale rappresenta» (art. 12).

Le amministrazioni statale e cittadina, abbandonando definitivamente quella pericolosa concezione ‘proprietaria’, dovrebbero favorire le tante energie e creatività presenti nei vari territori e sostenere la nascita e il consolidamento di mille iniziative diverse, indirizzandole, coordinandole, monitorandole. Sarebbe questo un modo per far sviluppare numerose anche nuove occasioni di lavoro qualificato, in particolare per i giovani. È indispensabile elaborare progetti di qualità, condivisi, fondati su solide basi conoscitive, capaci di coinvolgere competenze certificate e differenziate e in grado di garantire sostenibilità. L’ascolto e la partecipazione della comunità locale dovrebbero accompagnare la progettazione in tutte le sue fasi. Chi ha il diritto e il dovere di decidere dovrà decidere, assumendosene la responsabilità, ma un progetto condiviso sarà più forte e avrà maggiori possibilità di successo. Il coinvolgimento della popolazione, cioè, dev'essere costruito secondo una visione non paternalistica ma seguendo il principio di un nuovo "patto di cittadinanza" tra le amministrazioni, le comunità e i luoghi. La partecipazione attiva parte da una comunicazione trasparente e consapevole che avvicini saperi specialistici ai cittadini e che trasformi l'azione di tutela, modifica e azione sul patrimonio come un laboratorio virtuoso, nel quale la partecipazione dovrebbe diventare uno dei cardini. La consapevolezza e la conoscenza costruiscono amore e attenzione per il nostro patrimonio diffuso e potrebbero diventare uno dei pilastri su cui riattivare una reale partecipazione collettiva alla tutela.

I centri storici sono il cuore della città d’arte, nuclei di sistemi assai più complessi e articolati, spazi che devono restare vitali e vivi, capaci di rendere esplicito il senso dei luoghi e dei monumenti, luoghi vissuti, frequentati dai cittadini e dai visitatori, aree adeguatamente dotate di servizi, spazi vitali capaci di contribuire al miglioramento della qualità della vita urbana, luoghi non solo di contemplazione ma anche di comprensione e di emozione, spazi ricchi di valori culturali che favoriscano la socializzazione e la profonda cura di sé. In tal senso, va ribadito che i centri storici non vanno considerati in opposizione alla città moderna e a quelle ampie porzioni di territorio che ancora definiamo come "periferie". Non esiste città senza il progetto contemporaneo, pena la sua morte per sterilità: è necessario stimolare, pertanto, forme d'intervento che sappiano combinare con intelligenza ascolto del patrimonio e nuova progettazione. È venuto il momento di guardare alle cosiddette "periferie" italiane come a un laboratorio sociale e di progettazione avanzato da cui ripensare la ricostruzione delle città italiane. Si tratta di aree metropolitane dove vive una parte considerevole della popolazione italiana e da cui emergono sfere di disagio che un'azione progettuale attenta alla qualità diffusa degli spazi pubblici, dei servizi essenziali e delle residenze dovrebbe contribuire a migliorare.

L’archeologia urbana in Italia ha un’importate tradizione. Essa ha come obiettivo prioritario la ricostruzione storica della presenza umana in una città a partire dalle tracce materiali stratificate. Lo scavo urbano, però, non è solo un’opera preziosa di conoscenza storica, ma porta alla luce monumenti e crea nuove forme che modificano la città moderna. Ecco perché l’archeologia urbana non può non essere parte di un progetto urbano. Non è più possibile effettuare uno scavo dove, come e quando decidono gli archeologi, senza che ci si preoccupi del dopo, né è accettabile che si rinunci allo scavo archeologico come strumento fondamentale di conoscenza della complessità della storia stratificata in una città. Il tema essenziale è cosa fare dei risultati di una ricerca archeologica, a partire dalla restituzione di senso e dalla comprensibilità dei resti archeologici, fino alle forme innovative di gestione.

Un ruolo particolarmente prezioso andrebbe affidato ai musei, alle biblioteche e agli archivi (prescindendo dalla loro natura, statali, regionali, civici, diocesani, universitari, scolastici, privati, d’impresa, ecc.), soprattutto se, com’è auspicabile, saranno realizzate reti e sistemi, che consentano un’integrazione funzionale tra le varie realtà e la capacità di garantire migliori servizi per i cittadini e i visitatori. Musei, biblioteche, archivi, sempre più luoghi aperti, accoglienti, inclusivi, piacevoli, emozionanti, e anche multifunzionali: si pensi solo, a titolo di esempio, alla possibilità di svolgere anche la funzione di punti informativi per i visitatori. Le nostre città, pur ricche di musei di diverso tipo (archeologici, storici, demoetnoantropologici, pinacoteche, gallerie, ecc.), sono generalmente prive di musei di storia della città, modernamente intesi, in grado di illustrare e raccontare, con documenti e fonti di diversa natura, tanto ai residenti quanto ai visitatori, l’evoluzione storica di ogni città, dalle origini ad oggi e capaci di stabilire collegamenti di visita e conoscenza dei paesaggi urbani. È auspicabile che l’offerta culturale delle città d’arte possa arricchirsi anche di tali realtà museali, le uniche eventualmente legittimate ad essere anche solo virtuali.

Le città italiane sono da sempre legate alla presenza delle Università, che soprattutto negli ultimi anni sono andate accrescendo, accanto alle funzioni storiche di formazione e ricerca, la cosiddetta ‘terza missione’. Non più, quindi, Università “torre d’avorio”, ma un’istituzione aperta, pronta al dialogo, desiderosa di cogliere le sollecitazioni e il contributo della comunità e del territorio nel quale opera, elemento propulsivo dello sviluppo dei sistemi territoriali locali. L’Università ha peraltro sempre rappresentato, anche fisicamente, una sintesi fra il contesto storico-geografico in cui è collocata e la produzione dei diversi saperi: cosa che oggi può realizzare anche grazie alla nascita di spin-off e di start-up. L’Università deve innanzitutto svolgere un ruolo di conoscenza delle complessità delle città e dei territori, ma anche di strumento di coscienza.

Le città d’arte hanno una responsabilità nell’assicurare la trasmissione della memoria dell’oggi. La questione della presenza dell’arte contemporanea nel tessuto storico si intreccia strettamente a quella delle politiche intese alla sua promozione. L’arte contemporanea ha una vocazione eminentemente pubblica: con le sue pratiche è intesa a instaurare relazionalità. D’altra parte ogni opera storica è contemporanea perché investita del nostro sguardo di oggi.  La sensibilità ai luoghi o site specificity non è più ormai questione di mimetismo, piuttosto di una forte singolarizzazione qualitativa del nuovo, capace di competere con il preesistente, in modi da far risaltare reciprocamente proprie ragioni e specificità. Per piccole e medie città d’arte, al di là della messa in atto di musei d’arte contemporanea, vincolati da una collezione e relativi costi di gestione, appaiono più fungibili modelli di percorsi, di reti, fra gallerie espositive, fondazioni private, residenze di artisti, interventi di arte pubblica, in luoghi e modi catalizzatori di presenze cittadine. Tali interventi, sia che siano permanenti o temporanei, resi possibili da una rinnovata normativa del 2%, o da una convergenza di pubblico e privato, come una più estensiva applicazione dell’Art Bonus o del crowdfunding, per avere efficacia devono poter essere fatti propri dai residenti, avere la pregnanza o cadenza tale da assurgere a elementi distintivi del patrimonio identitario. Appare cioè determinante il coinvolgimento di gruppi o fasce rappresentative della cittadinanza, mediante pratiche di mediazione, fra informazione e sensibilizzazione, e di effettive procedure bottom up, sia a livello propositivo che progettuale e operativo. Dalla prospettiva della fruizione turistica, senza necessità di indulgere a spettacolarità, le presenze del contemporaneo nelle città storiche sono ben compatibili con gli obiettivi di “destinazioni nuove” e di “vacanze esperienziali” additate ora dal Piano strategico turismo, in vista di un’effettiva differenziazione dell’offerta.

I lavori del Convegno, articolati in tavoli, hanno prodotto risultati di grande interesse, che il Consiglio ritiene di far propri nella presente mozione (si veda allegato).

Tutta questa serie di considerazioni suggerisce lo sviluppo di una capacità progettuale, sollecita una reale volontà di coinvolgimento attivo della cittadinanza, del mondo della cultura, delle professioni, dell’associazionismo culturale, invita a riconciliare la tutela con la valorizzazione, la conservazione con la fruizione innovativa, ma innanzitutto l’antico con il moderno. In tale contesto il patrimonio culturale può e deve svolgere una funzione di collante sociale, di rammendo urbano, di ricucitura tra cultura e ambiente, tra generazioni, tra cittadini residenti e visitatori, tra amministrazioni e comunità locali.

http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1479128135701_Mozione_CSBCP_12_novembre_2016.pdf 


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