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Colazione a Pechino
«Ti sei resa conto del pericolo che correvi? Non hai pensato che ti ascoltassero? Rivelavi un segreto di Stato a un giornalista straniero. C'è chi anche per meno è finito nei campi di lavoro, o è stato fucilato? Lei non si era scomposta. Il sorriso era sfociato in una risata: “Sì, i telefoni sono sorvegliati, questo lo sanno tutti. Ma non in quel momento. Ti ricordi a che ora ti ho telefonato?”
Era mezzogiorno. Sono tutti a mangiare. È comico: il più possente apparato di sicurezza al mondo che si blocca perché è ora di pranzo. Il comunismo è uno Stato di polizia dove tutti mangiano alla stessa ora. »
Questo episodio, una telefonata a mezzogiorno dai controllatissimi telefoni del Comitato Centrale, da parte di una dirigente amica che passava una notizia segretissima a un giornalista straniero (per quanto di un giornale comunista, L’Unità; ma il PCI era visto con diffidenza dai Cinesi), è raccontato nelle prime pagine di questo splendido e istruttivo libro di Siegmund Ginzberg, per sette anni in Cina, dal 1980 al 1987, per conto de L’Unità appunto.
Perché la Cina è fatta così. L’ho potuto verificare anch’io nei miei vari, brevi, soggiorni cinesi, anche per motivi di lavoro. Una grande potenza economica, un apparato enorme, dove tutto è molto più grande che da noi, a Mezzogiorno, cascasse il mondo, si ferma per mangiare, non un panino mentre si lavora al computer o un tramezzino ingollato al volo o uno yogurt o un frutto (per i salutisti) come facciamo noi, ma seduti a tavola.
Il cibo, la cucina, la varietà immensa degli ingredienti sono una cosa seria, centrali da millenni in quella civiltà complessa, nella quale tutto è in continuo movimento ma alcune cose non cambiano mai. Chi ha avuto la fortuna di cenare con cinesi, gustando decine di cibi diversi, carni, pesci, verdure, sa cosa significa il cibo e il rito del convivio, spesso accompagnato da ottima grappa cinese, usata per pasteggiare, in piccoli bicchierini riempiti di continuo e di continuo svuotati in continui “brindisi”, collettivi e individuali. Riuscire a creare un perfetto equilibrio tra i 5 sapori fondamentali (salato, dolce, acido, amaro e piccante) nella cucina è alla base delle capacità di un cuoco, così come lo è in un buon governante, poco importa se un imperatore o il leader del partito.
I cuochi (con il loro inseparabile coltello, fondamentale per la preparazione dei cibi e per il perfetto tagliuzzamento di pezzetti da prendere con le bacchette) hanno sempre rivestito un ruolo centrale nella società cinese, nelle varie dinastie così come nella Cina comunista. La cucina cinese la si può amare entusiasticamente o odiare oppure la si può provare con curiosità o diffidenza. Sono un po' gli stessi sentimenti che si possono provare con la società cinese.
È un libro colto quello di Ginzberg, di piacevolissima lettura, a tratti divertente, ricco di episodi vissuti personalmente e di citazioni tratte sia da letteratura cinese classica o da occidentali che l’hanno visitata secoli fa (in particolare Marco Polo e il gesuita Matteo Ricci) sia da saggi di studiosi contemporanei.
Tantissimi i temi affrontati, sempre con un confronto tra presente e passato, sulla cucina ma non solo, dalla tradizione del cannibalismo al rapporto con i cani (non solo per la cucina ma come diffusissima moda di pet), dalla legge del figlio unico alla tardiva diffusione dei cessi, dal rapporto con i fantasmi alla guerra dell’oppio, dalle carestie e dal disastro del grande balzo alla più recente industrializzazione e modernizzazione. Cosmopolita e poliglotta, corrispondente oltre che dalla Cina, dagli USA, dalla Corea, India, Giappone, Ginzberg affronta con un giusto equilibrio di profondità e leggerezza ogni argomento trattato in una ventina di capitoli. Un libro che aiuta a cercare di capire una realtà complessissima come quella cinese, senza alcuna pretesa di averla capita, ma proponendo una chiave di lettura, in particolare tenendo al centro del discorso il cibo, appunto. Regalatomi da un caro amico e letto in parte in prossimità di un mio nuovo viaggio in Cina e poi finito di leggere nella tranquillità della campagna, lo consiglio vivamente a chi ha interesse di conoscere un Paese e un popolo lontani eppure così vicini, che oggi come ieri non possiamo ignorare.
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