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Nel futuro si va Piano
C’era una volta una Toscana che rappresentava per tutta l’Italia (e non solo) un modello per la cura e la pianificazione del paesaggio. Ora, di fronte a quanto sta accadendo a proposito del Piano paesaggistico di quella Regione, che, giunto finalmente in dirittura d’arrivo, rischia di essere snaturato, quel primato potrebbe diventare solo un ricordo del passato. Il primato è passato ad una regione del Sud, la Puglia, che proprio in questi giorni, dopo un percorso complesso, durato molti anni, vede l’entrata in vigore ufficiale del suo PPTR, il primo in Italia ad essere approvato secondo le nuove regole e adottato congiuntamente dalla Regione e dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Un risultato di cui poco si parla sulla stampa nazionale.
Nell’aprile del 2014 il Piano toscano fu presentato dall’assessore Anna Marson in un’audizione del Consiglio Superiore per i beni culturali e paesaggistici e ricevette un convinto apprezzamento (http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1401352839564_Audizione_per_Piano_Paesaggistico_della_Toscana.pdf). Un sostegno che faceva seguito a quello già espresso precedentemente al PPTR della Puglia, presentato in un’altra audizione dall’assessore Angela Barbanente. Il Consiglio sottolineò, in quella occasione, che i piani paesaggistici rappresentano uno strumento strategico che innova la stessa idea di tutela. Una tutela solo di tipo difensivistico e vincolistico non è, infatti, più attuabile. I piani paesaggistici hanno, invece, un approccio progettuale, non si occupano più del singolo sito, del singolo monumento, ma affrontano interi territori regionali con una visione sistemica, olistica, introducendo una profonda revisione degli strumenti della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico, con una progettazione anche di nuove forme di sviluppo, impresa e lavoro.
Per esperienza personale, vissuta nella collaborazione al piano paesaggistico pugliese, posso testimoniare che nella vita dei piani paesaggistici si registrano due momenti, con reazioni differenti da parte della ‘società’ locale. La fase della predisposizione del piano, quando si riscontra un consenso diffuso da parte delle associazioni e della cittadinanza attiva (anche se non mancano le critiche di quelle associazioni ambientaliste che considerano i piani troppo moderati!). La fase dell’adozione, quando si registra, invece, un’opposizione del mondo imprenditoriale (o almeno di una parte di esso) e del mondo politico (o almeno di una parte di esso), fino ad allora distratti. Non si comprende, in particolare, che un piano paesaggistico rappresenta uno stimolo all’innovazione anche nel campo dell’imprenditoria, come hanno colto i settori più avanzati del mondo imprenditoriale. È quanto si è verificato prima in Puglia e ora anche in Toscana. Sembra, infatti, che ancora una volta rischi di prevalere, insieme alla difesa d’interessi di una parte, una visione arcaica e superata del modello di sviluppo, accompagnata anche da polemiche strumentali e da una sconfortante incapacità di studio dei problemi e di reale comprensione delle potenzialità di questi strumenti democratici di pianificazione del futuro di una regione. I Piani paesaggistici pugliese e toscano sono ben lontani da una visione solo vincolistica o mummificatrice del territorio. È, infatti, necessario abbandonare definitivamente una visione ‘elitaria’ dei piani paesaggistici, da alcuni sentiti come un ‘lusso’ di professori, intellettuali, ambientalisti, ma affermare la loro forza progettuale, la loro capacità di guardare al futuro e a nuove forme di sviluppo. La dialettica conservazione-innovazione è in questo caso ben chiara: chi li contrasta, difendendo non solo di privilegi particolari ma anche sistemi produttivi ormai superati, è un conservatore. Chi li promuove e li difende è un innovatore.
In questi giorni le associazioni culturali e ambientali, i settori più avveduti delle professioni e della società civile, regionale e nazionale, i giornali, stanno facendo sentire la propria voce. È bene sottolineare come il caso toscano (per ovvi motivi, ancor più che quello pugliese) non riguardi solo la realtà locale, ma riveste un grande interesse nazionale, anche come indirizzo per altre regioni. Se ne tenga conto.
Il MiBACT, come hanno più volte sottolineato il ministro Dario Franceschini e il sottosegretario con delega al paesaggio Ilaria Borletti Buitoni, intende procedere decisamente sulla strada della predisposizione dei piani paesaggistici di tutte le regioni. Sarà anche un preciso impegno del nuovo Consiglio Superiore, appena ricostituito, fornire uno stimolo e un sostegno convinto in tal senso.
In entrambe le regioni, sono state due donne molto capaci e tenaci, ottime studiose di urbanistica, Angela Barbanente e Anna Marson, a portare avanti con competenza e determinazione la lunga e faticosa battaglia per il Piano Paesaggistico Regionale. Due ricercatrici e amministratrici alle quali il nostro Paese deve molto. In un caso, quello pugliese, la battaglia si è appena conclusa con successo. Nell’altro, mi auguro che voglia prevalere la difesa degli interessi generali, perché la Toscana continui ad essere un modello anche per il futuro e non solo un oggetto di studio per gli storici del paesaggio del passato.
Pubblicato in La Gazzetta del Mezzogiorno, 14.3.2015, p. 27
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